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1.8.10

MEDUSE: COME COMPORTARSI DOPO UN INCONTRO RAVVICINATO

 I consigli di un pediatra dell'isola d'Elba che ha spesso a che fare col problema. Di Alberto De Fusco.
Anche quest'anno il mar Mediterraneo deve fare i conti con l'invasione di meduse, da 7 anni in costante aumento. E il loro arrivo sembra destinato a crescere. A soffrire di più, lungo le nostre coste, sono il mar Ligure e il Tirreno. Sciami lunghi anche chilometri e di specie diverse raggiungono la riva compromettendo pesca e turismo. A dirlo è Ferdinando Boero del dipartimento di biologia marina dell'università del Salento.
"Sono 6-7 anni che le meduse continuano a aumentare - spiega Boero - e contemporaneamente cresce anche la diversità biologica". Ogni estate, a causa del riscaldamento globale, le meduse "trovano condizioni climatiche migliori" e anche se "stanno bene con qualsiasi temperatura, un'ondata di calore potrebbe fungere da amplificatore per quelle specie che amano le acque tropicali". Per il momento la situazione peggiore a causa di "un gioco di correnti" è nell'alto Tirreno, tra Liguria e Toscana, prima con enormi sciami di Velella, e ora con l'arrivo dalla Pelagia comparsa a mucchi anche più giù nel Tirreno meridionale (la più urticante del Mediterraneo). Oltre all'arrivo da Malta fino al mar Ligure della "caravella portoghese", la Physalia (un esemplare dai tentacoli lunghi fino a 30 metri), in agguato c'è anche il ritorno della Mnemiopsis leidy, il killer di uova e larve di pesci.
Come comportarsi
Vi ha toccato una medusa? Sono cose che capitano in questa stagione. Non si tratta di un avvenimento simpatico, ma non disperate. Uscite dal mare e, una volta a terra, guardate bene la zona della vostra pelle toccata dalla medusa. È successo che quando quella simpatica bestiola vi ha toccato ha tirato fuori dei filamenti urticanti che hanno liberato un cocktail di tre diverse proteine velenose.
Quelli tra voi che sono esperti di ecologia potranno trarre un transitorio sollievo dalla consapevolezza di aver scelto un mare "nostro" invece di quello di un paese tropicale, dove avrebbero potuto incontrare una medusa che si chiama caravella portoghese ed è così fetente da essere mortale. Temo però che l’utilità dell’acculturazione sarà modesta.Maggior soddisfazione potrebbe darvi il fatto che, nonostante il dolore boia che avete sentito al momento del contatto, la pelle ora non sembra così male.
Rossa in pochi minuti
Non fidatevi: nel giro di pochi minuti diventerà rossa e gonfia, perché le tossine liberate dalla meduse nel contatto con la vostra pelle si stanno legando ai recettori presenti nei tessuti cutanei e sottocutanei e provocheranno la liberazione a catena di una serie di mediatori, cominciando dall’istamina e poi via via numerosi altri capaci tutti quanto di provocare subito una bella infiammazione con vasodilatazione, edema, gonfiore, arrossamento, prurito e dolore.
A distanza di diverse ore…
A questa reazione immediata ne potrà seguire una tardiva, a distanza di diverse ore per una reazione di immunità ritardata che sarà molto impegnativa se siete un soggetto allergico e potrà durare diversi giorni rendendo la parte interessata gonfia, dura, dolente. Se avete avuto particolarmente sfortuna e l’abbraccio con la medusa è stato “molto” affettuoso, la lesione potrà presentarsi come un’ustione con vescicole che si rompono formando croste e lasciando in ricordo cicatrici. A questo punto cercate di ragionare e non agitarvi  troppo, chi s’incazza è perduto dice il saggio, ma soprattutto fa affluire più sangue non solo al cervello ma anche alla parte colpita e questo non va bene.
Calma e sangue freddo
Quindi calma e sangue freddo. Guardate bene se nella zona colpita sono rimasti tentacoli o filamenti e cercate di toglierli: non usate pinzette che potrebbero rompere i tentacoli e liberare altro veleno, non usate le dita che potrebbero essere raggiunte dal veleno e non usate alcool o acqua dolce che, essendo ipotonica rispetto all’acqua di mare, potrebbe far rigonfiare i tentacoli e liberare ancora veleno; il consiglio è quello di pulire delicatamente la pelle con una salvietta imbevuta di acqua di mare.
Non strofinatevi con la sabbia
Non strofinate troppo energicamente e non usate sabbia: lo strofinamento favorisce la liberazione di istamina dalla cellule aggiungendo all’effetto chimico del veleno quello meccanico dello sfregamento. L’obiettivo successivo è quello di cercare di bloccare il veleno prima che faccia danno, per questo le manovre di cui parliamo saranno tanto più efficaci quanto più precoci.
Nei primi 10 minuti
Gia dopo 10-15 minuti dal contatto tutti questi provvedimenti saranno inefficaci. I veleni della meduse sono proteine termolabili e un’esposizione a temperature elevate può inattivarle prime che esse si leghino ai recettori: i rimedi vanno dal lavaggio con acqua calda al contatto con pietre o asfalto riscaldati dal sole. Spesso questa esposizione al calore provoca un beneficio immediato tanto che la scomparsa del fastidio da puntura sembra preferibile al dolore provocato dal calore. Fate attenzione perché potreste anche ustionarvi senza accorgervene.
Se non siete riusciti a rendere inattive con il calore tutte le proteine velenose, dovrete allora cercare di evitare che esse si leghino ai loro recettori tissutali innescando quelle reazioni dolorose di cui parlavamo. Perché il veleno possa agire è necessario un certo pH tissutale: condizioni locali troppo acide o troppo basiche ne possono inibire l’effetto.
Utili garze con l’aceto
A questo scopo possono essere utili garze imbevute d’aceto, puro o diluito al 50% con acqua di mare, impacchi di bicarbonato o rimedi più empirici come il succo di limone o il latte di fico (dipende ovviamente da quello che avete a portata di mano). Un altro modo di bloccare l’effetto del veleno è quello di inibire la liberazione di istamina che è il primo mediatore della reazione tissutale.
E anche l’ammoniaca…
Si può usare l’ammoniaca, che avendo una struttura chimica simile all’istamina, esercita un effetto di inibizione competitiva sui recettori infiammatori.
La si può usare come ammoniaca liquida di uso domestico applicata con tamponi di ovatta o fazzoletti di carta oppure, se siete stati più previdenti e vi siete portati dietro una cassetta di pronto soccorso, potreste avere a disposizione ammoniaca in forma di stick, di gel, di pomata: va tutto bene, basta fare presto. Qualcuno dice che potrebbe essere utile l’urina perché è calda, contiene ammoniaca ed è leggermente acida. Se non avete nient’altro e non siete troppo schizzinosi  fatevi pure un impacco di pipì ma io non ci farei troppo affidamento. Già dopo una diecina di minuti dal contatto potete essere certi che il veleno della medusa è penetrato nel tessuto, si è legato ai recettori ed ha già provocato la liberazione di istamina.
Se non siete intervenuti in tempo
Tutti i rimedi finora proposti, da questo stadio in poi sono inutili.
La cosa migliore a questo punto è applicare ripetutamente un gel astringente a base di cloruro di alluminio; ne esistono alcune preparazioni vendute come gel antisudorazione o possono essere preparate dal vostro farmacista come specialità galeniche.
L’effetto è quello di provocare una vasocostrizione locale, che blocca la diffusione del veleno, riduce il prurito e il dolore e inibisce le reazioni successive.
Anche questo rimedio per essere efficace deve essere precoce. Dopo 15-20 minuti ha esaurito anch’esso la sua efficacia. Per cui a questo punto rilassatevi e aspettate. Se non siete particolarmente allergici e se il contatto con la medusa non è stato così intimo probabilmente  la vostra disavventura è finita.
Estrema risorsa il cortisone
In caso contrario rivolgetevi al medico più vicino che vi spalmerà di pomate al cortisone, vi riempirà di compresse o iniezioni di antistaminici e corticosteroidi consigliandovi di non esporvi troppo al sole e di rinfrescarvi sotto la doccia ogni volta che il mare si presenta popolato da queste simpaticissime creature dal nome mitologico.

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